Consigli per un primo screening in Rete

marzo 20, 2009

Oggi proviamo a “tradurre” in un discorso utile per chi si occupa di Fundraising i preziosissimi consigli di un ricercatore di Forrester Research, J. Owyang. La fonte di questo post è un suo intervento pubblicato lo scorso anno sul blog “Web Strategy by Jeremiah”, dal significativo titolo “50 Ways to use Social Media, listed by Objective”.

Un piccolo preambolo: la “moda” dei social network ha un lato concretamente positivo (è l’alea che porta al desiderio di fare propri gli strumenti innovativi) e uno invece decisamente negativo: quest’ultimo, che coinvolge anche chi in questo ambito si propone come consulente, è rappresentato dalla tendenza a parlare per slogan, ad elencare strumenti e/o giocare “d’effetto” in un settore in cui in realtà l’unica expertise (oltre ovviamente a quella tecnica) è data dall’unione di education (spiegare quali strumenti usare, come e perché), strategy (indicare e pianificare un percorso costruito ad hoc sulle necessità, che siano contingenti o meno), chiarezza in merito agli investimenti necessari, nonché descrizione approfondità della misurabilità di ogni azione che si pone in essere.

Per questo motivo oggi vorrei concentrarmi sul primo punto indicato da Owyang (dedicato all’ascolto della rete), anche e soprattutto perché ultimamente ci arrivano segnali di una sempre più elevata fascinazione da parte di realtà che vogliono “esserci” attraverso i social media, ma che decidono di “fare da sé” (ovvero esserci …senza pianificare a breve, medio e lungo termine) ottenendo risultati non solo poco soddisfacenti, ma a volte controproducenti.

Vediamo dunque i macro-obiettivi:

  1. Ascoltare: raccogliere informazioni dal “mercato” e dagli utenti (che rappresentano i vostri interlocutori), investire in azioni di intelligence
  2. Parlare: impegnarsi in una strada “a doppio senso” (dialogo)
  3. “Energizzare”: lasciare che i vostri interlocutori vi dicano quali sono le loro aspettative e cosa pensano di voi (viral, word of mouth)
  4. Supportare: non solo mettendosi in gioco, ma lasciando anche che gli interlocutori si diano supporto l’un l’altro
  5. “Abbracciare”: costruire servizi e progetti migliori, attraverso la collaborazione e il coinvolgimento dei vostri interlocutori
  6. Elementi focali… ma trasversali: tenere sempre in considerazione strategia, training e pianificazione


Parliamo dell’ascolto. Come si ascolta la rete?

  • Costruendo “sentiment measurements” e prestando ascolto a una fetta più allargata rispetto alla propria nicchia di riferimento, per capire quanto, in che modo e… con quale mood si parla di noi online.
  • Scoprendo a quali blogger (gli opinion leader della rete!) può importare dei vostri argomenti, dei vostri progetti, delle vostre azioni. Imparando a misurare la loro influenza.
  • Costruendo ed avviando mappe di conversazione dei vostri interlocutori utilizzando Technorati, Google Blogsearch, Summize, FriendFeed.
  • Raccogliendo e studiando case studies di successi (nazionali e non) in ambito di social media. Molti si trovano su SlideShare.com, oppure qui. Può essere utile inoltre taggare (categorizzare) i preferiti come “socialmediacasestudy” in del.icio.us, rendendo condivisi i vostri link anche da altri utenti.
  • Utilizzando Summize per scoprire quanto e come si parla di voi, o di argomenti di vostro interesse, su Twitter.
  • Verificando (ad esempio tramite WebsiteGrader) la qualità tecnica del vostro spazio web.
  • Capendo le dinamiche del traffico sul vostro sito (ad esempio utilizzando Compete.com) e verificando se altri “fanno meglio di voi” e come.
  • Ricordandosi che chiedere la compilazione di troppi campi “sensibili” ai visitatori non è mai una scelta vincente: è meglio chiedere poco. O poco alla volta, con gentilezza.
  • Seguendo i link “inbound” e, quando arrivano da blog, assicurarsi di commentare e costruire una relazione con i blogger stessi.
Un esempio di applicazione di Summize.com sulla tag WWF:

wwf on summary.com


Mettersi in gioco. Seriamente.

marzo 18, 2009

“Il sentimento è tutto”.
Goethe

Il mondo dei social network può essere considerato talmente eterogeneo e imprevedibile da far temere un impedimento nella messa a punto di una strategia efficace. Qual è il modo migliore d’interfacciarsi in Rete, quali sono i passi fondamentali da seguire nell’universo mobile dei Social Media? da dove si comincia?

Un preambolo indispensabile: i Social Media altro non sono che mass media… che consentono di comunicare one-to-one. Proprio come i migliori strumenti del direct marketing tradizionale. La differenza sostanziale sta nel fatto che non parliamo più di target tradizionalmente inteso (individuato ad esempio tramite le indicazioni di dati sociodemografici, di aree territoriali specifiche, etc), bensì di network in movimento, che s’intrecciano e si “contaminano” continuamente, che si individuano per comunanza d’interessi e non necessariamente per età, studi o geografia abitativa.

Ecco dunque alcune regole generali per la pianificazione:

Il primo passo è l’ascolto.

In questa fase di audit, che dovrebbe essere antecedente a qualsiasi tipo di pianificazione, bisogna dotarsi degli strumenti che consentano di monitorare online cosa dice il popolo dei navigatori sul nostro conto, quali canali vengono utilizzati, quali temi, con che frequenza si parla di noi o di tematiche a noi vicine. Dovremo dunque vagliare i principali motori di ricerca e verificare il nostro posizionamento e la nostra reputazione

Il secondo passo è la partecipazione.

In questa fase di DASHBOARD dovremo creare la nostra presenza e identità in Rete, immergerci nelle conversazioni (dice Cory Doktorow: “Conversation is the message”), interagire e dialogare nei luoghi “popolati” della Rete, mappare eventuali influenzatori. Lo sforzo principale sarà quello di essere realmente trasparenti. E autentici.

Il terzo passo è l’interazione.

In questa fase di “attivazione” degli utenti è indispensabile creare un ciclo di comunicazione, sviluppare una propria community, generare passaparola, attivare “promotori” volontari e creare fiducia. Il “circolo virtuoso” dei social network sta proprio nella sua caratteristica peculiare di user-generated-content (il contenuto viene realizzato e condiviso non solo da noi, ma da tutti coloro che hanno accesso ai nostri “luoghi”… e anche ai luoghi “altri”, simili al nostro, che faremmo bene a visitare).

…continua… a domani!


Partecipazione, condivisione: un piccolo contest

marzo 16, 2009


Ben ritrovati!

Lanciamo oggi un piccolo “concorso” in vista del Festival, aperto sia alle onp che parteciperanno al FFR 2009, sia ai non partecipanti.

Ci piacerebbe che ognuno di voi raccontasse la sua (piccola o grande) esperienza sul web in forma di breve narrazione.

Attraverso l’analisi dei materiali ricevuti, svilupperemo una mind map (wiki) illustrativa dei nodi principali emersi dal confronto delle diverse case histories, individueremo le tag principali e valuteremo professionalmente ogni case history, proponendo spunti per rendere ancora più efficaci i vostri risultati nel mondo dell’online.

Durante il nostro intervento al Festival, dal titolo “Target e Network – Reti reali e virtuali per la raccolta fondi”, condivideremo i risultati e presenteremo la case history migliore.


Micro contest “Racconta la tua storia”

Oggetto: breve narrazione di una case history

Ambito: fundraising online

Periodo: 2006-2009

Regolamento:

Inviare attraverso un commento sul blog oppure via email a emmapostel [at] gmail.com un breve testo (circa 2.500 caratteri spazi inclusi) descrittivo dell’iniziativa svolta o in corso.

E’ possibile allegare all’email (o segnalare un link per il download, nel caso di un commento sul blog): video e immagini (preferibilmente in bassa risoluzione), gif animate, slides powerpoint, fogli excel.



Il …bisogno di partecipare

marzo 13, 2009

Michel Maffesoli (wiki) descrive l’atteggiamento prevalente dei giorni nostri con una frase ricca di significati (e di conseguenze): “Ciò che non dipende da noi diviene indifferente”.
Qualcuno potrebbe rispondere: dunque è l’era dell’individualismo? siamo troppo concentrati su noi stessi?
Al contrario: è piuttosto un segnale da non sottovalutare (un “alert”, si direbbe nel linguaggio della Rete), che rivela un bisogno concreto di partecipazione. Una necessità forte, che rimanda a ciò che Alfred Schütz (wiki) indica come il senso di prossimità percepito a partire dall’esperienza vissuta, dalla quale si costituisce il gruppo. Gruppo che diventa vero e proprio soggetto, in una sorta di condivisione “tribale”. Che riposa sulla condivisione, in un momento dato, di un territorio reale, o simbolico… o virtuale, perché no.

Durkheim (wiki) direbbe che si è passati da una solidarietà meccanica (dello Stato, ad esempio) ad una solidarietà organica, che implica “la cooperazione cosciente e libera degli agenti sociali”.
Cosa significa?
Cosa implica per chi si occupa di Fundraising?

Voglio essere protagonista del cambiamento. Essere parte attiva nei processi e nei progetti. Voglio riconoscermi ed essere riconosciuto in un gruppo, in una causa. Impegnarmi ed avere riscontro concreto, tangibile del mio impegno.

Trendwatching ha rilevato questa tendenza: condividere una passione, un progetto e ricevere riconoscimento ha sostituito oggi il “prendere” come nuovo status symbol. Per dirlo in una frase, dare è il nuovo prendere e condividere è il nuovo dare, come ha ben sottolineato Fabio Latino su Vita.it.

La recessione economica ha prodotto e produce un’ulteriore spinta a questo bisogno, nettamente sentito, di impegnarsi in prima persona. E in quest’ottica il web 2.0 rappresenta meglio di qualsiasi altro mezzo la risposta giusta per chi si occupa di Fundraising.
“La generosità è il futuro della strategia di marketing”, ci dice Neil Perkin (blog). Quali strumenti e quale strategia dunque si devono adottare per comunicare con i nuovi (e non solo) donatori?

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COS’E’ IL WEB 2.0?

Il web 2.0, come dice Robin Good (fonte), “non è né un software specifico, né un marchio registrato”: è un insieme di approcci per usare la rete in modo innovativo e “si riferisce alle tecnologie che permettono ai dati di diventare indipendenti dalla persona che li produce o dal sito in cui vengono creati. L’informazione può essere suddivisa in unità che viaggiano liberamente da un sito all’altro, spesso in modi che il produttore non aveva previsto o inteso. Questo consente agli utenti di prendere informazioni da diverse fonti, anche simultaneamente, e di modificarle, ampliarle, distribuirle altrove, condividerle con altri”.

Il web 2.0 “è open-source e lascia ai dati una loro identità propria, che può essere cambiata, modificata o remixata da chiunque per uno scopo preciso. Una volta che i dati hanno un’identità, la rete si sposta da un insieme di siti web ad una vera rete di siti in grado di interagire ed elaborare le informazioni collettivamente”.